Jackie: Recensione del film con Natalie Portman da Venezia 73





google_ad_client = “ca-pub-2863930932264280”; google_ad_slot = “9391970030”; google_ad_width = 336; google_ad_height = 280; Non capita sempre, ma molti autori indipendenti non possono fare a meno prima o poi di mettere il piede nelle produzioni a stelle e strisce. È così che il cileno Pablo Larraín, dopo il banco di prova che fu No – I giorni dell’arcobaleno, è finito a dirigere Jackie, che dà voce a Jacqueline Kennedy (all’anagrafe Onassis), interpretata da Natalie Portman, nel periodo che ha seguito l’uccisione del marito e Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy. Con il tradizionale espediente dell’intervista, Larraín esplora l’animo duale della donna attraverso flashback e rimembranze raccontate in prima persona. Dal destino indissolubilmente legato a quello del marito, come dopotutto quello di ogni First Lady, Jackie, come usava farsi chiamare, viene ritratta in un’apprezzabile tinta di chiaroscuri. Chiaramente innamorata di JFK, decisa a renderlo immortale una volta morto, ma allo stesso tempo vanitosa e insicura, schiacciata dal cognome dei Kennedy e spaventata dal proprio futuro; l’inconciliabile duplicità delle sue apparizioni in pubblico e della sua vita privata

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Pubblicato il: 8 Settembre 2016

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